Come l’Effetto si trasforma in Causa: il Fenomeno delle Locazioni Turistiche

Come l’Effetto si trasforma in Causa: il Fenomeno delle Locazioni Turistiche

Negli ultimi anni, il boom delle locazioni turistiche – gli affitti brevi, per intenderci – ha cambiato il volto di molte città italiane. Piattaforme come Airbnb e Booking hanno reso più facile per i proprietari affittare casa a turisti, ma questo trend, nato come risposta a un’economia che arranca e a un mercato del lavoro sempre più incerto, è finito sotto accusa. Molti lo indicano come il colpevole dell’aumento vertiginoso degli affitti. Ma è davvero così? O stiamo scambiando la conseguenza per la causa? In questo articolo, scaveremo un po’ più a fondo nella questione, raccontando come il problema degli affitti alle stelle non possa essere ridotto ad un unico capro espiatorio. È una storia complessa, intrecciata con salari che non crescono, case che restano vuote e un sistema immobiliare inceppato. Andiamo con ordine.


Gli Affitti Brevi: figli di un’Economia in Difficoltà

Partiamo da un punto fermo: gli affitti brevi non sono spuntati dal nulla. Sono una risposta a un contesto economico che, in Italia, non gira come dovrebbe. I salari sono fermi da oltre vent’anni (ISTAT, 2024), e molte famiglie fanno fatica a quadrare i conti. Per chi possiede una seconda casa – magari ereditata o comprata in tempi migliori – affittarla ai turisti è diventato un modo per tirare su qualche soldo extra. Non è un caso che il settore generi un impatto economico enorme: 66 miliardi di euro di contributo al PIL nel 2024, di cui 13 miliardi da prenotazioni dirette, 52 miliardi dall’indotto e 1 miliardo speso in ristrutturazioni.

Ma chi sono questi proprietari? Non si tratta solo di speculatori in cerca di profitti facili. Il 30,4% delle case usate per affitti brevi viene da eredità, il 28,7% era abitato dai proprietari stessi che hanno deciso di affittare per arrotondare, e il 26,1% era sfitto da anni. Solo il 2,2% di queste abitazioni è passato da affitti a lungo termine a brevi. Questo dato smonta un po’ il mito che gli affitti brevi stiano “rubando” case ai residenti. La verità è che molte di queste abitazioni non sarebbero comunque disponibili per affitti tradizionali, perché i proprietari temono morosità o semplicemente non vogliono vincolarsi a contratti lunghi.

E poi c’è il problema delle case sfitte, un vero paradosso italiano. In Italia ci sono circa 9,5 milioni di seconde case non utilizzate, ma solo 640.000 – l’1,5% del totale delle abitazioni – sono destinate agli affitti brevi. A Milano, ad esempio, ci sono 109.404 case vuote, di cui 16.423 di proprietà pubblica, contro appena 19.271 usate per affitti brevi, che rappresentano lo 0,9% dello stock immobiliare. Questi numeri ci dicono che il problema dell’emergenza abitativa non si risolve puntando il dito contro Airbnb, ma affrontando un mercato immobiliare che sembra bloccato in un limbo.


Perché gli affitti aumentano? Non è solo colpa dei turisti

Non fraintendiamoci: gli affitti stanno aumentando, e in alcune città è diventato quasi impossibile trovare una casa a prezzi ragionevoli. A Milano, i canoni superano la media nazionale del 170,9%, e città come Roma, Firenze e Venezia non sono da meno. Ma ridurre tutto agli affitti brevi è come guardare solo la punta dell’iceberg.

Il costo della vita, in generale, sta salendo. Dal pane al carburante, tutto è più caro, e gli affitti non fanno eccezione. Il vero problema, però, è che in Italia i salari non tengono il passo. Un impiegato medio guadagna circa 1.000 euro al mese, una cifra che rende difficile, se non impossibile, permettersi un affitto in una grande città. Non è un caso che molti giovani restino a casa con i genitori o si spostino in periferia, dove i prezzi sono più accessibili.

A questo si aggiunge una carenza cronica di nuove costruzioni. In Italia, il numero di abitazioni costruite ogni anno è ai minimi storici, e la domanda – spinta da studenti, lavoratori in mobilità e, sì, anche turisti – supera di gran lunga l’offerta. A Milano, ad esempio, la popolazione è cresciuta negli ultimi anni, ma le case disponibili non sono aumentate di conseguenza. Risultato? I prezzi schizzano verso l’alto.

Le nuove normative non aiutano. Dal 2 gennaio 2025, il Codice Identificativo Nazionale (CIN) è obbligatorio per chi affitta a breve termine. Questo ha ridotto l’offerta di affitti brevi dell’11% a febbraio 2025 rispetto all’anno precedente. Ma non illudiamoci: meno affitti brevi non significa automaticamente più case per i residenti. Molti proprietari, spaventati da burocrazia e costi, preferiscono lasciare le case vuote o affittare in nero piuttosto che passare agli affitti a lungo termine.


La narrazione che demonizza gli affitti brevi

È facile puntare il dito contro gli affitti brevi. Dopotutto, vedere un appartamento trasformato in una “casa vacanze” mentre cerchi disperatamente un posto dove vivere fa arrabbiare. Ma la narrazione che li dipinge come il male assoluto non regge del tutto. Prendiamo lo spopolamento dei centri storici, spesso attribuito al turismo di massa. A Firenze e Venezia, la popolazione è calata ben prima dell’arrivo di Airbnb, per colpa di servizi pubblici carenti e trasporti inadeguati. A Milano, invece, il centro storico è più vivo che mai, con una popolazione in crescita.

E poi c’è un altro dettaglio: gli affitti brevi rispondono a una domanda diversa da quella residenziale. A Milano, le case per turisti si concentrano in Duomo o Brera, mentre studenti e lavoratori cercano in zone come Lorenteggio o Bicocca, dove gli affitti brevi sono quasi inesistenti. Insomma, i due mercati non si pestano i piedi quanto si potrebbe pensare.

Le restrizioni, però, stanno cambiando le carte in tavola. L’obbligo di installare estintori e rilevatori di monossido di carbonio ha fatto lievitare i costi per i gestori. Molti piccoli proprietari, quelli che magari affittavano una stanza per pagarsi le bollette, hanno deciso di mollare. Ma questo non ha risolto il problema delle case vuote, né ha fatto scendere gli affitti. Anzi, in alcune città l’offerta di alloggi è diminuita, spingendo i prezzi ancora più in alto.


Case vuote e Italia che invecchia: un problema sottovalutato

E qui arriviamo a un punto che ci sta particolarmente a cuore: le case sfitte. In Italia, un terzo delle famiglie è composto da una sola persona, spesso anziana. Con il calo demografico, il rapporto tra lavoratori e pensionati peggiorerà, passando da 3:1 a 2:1 entro il 2040. Molte case, specialmente seconde abitazioni in borghi o località turistiche, restano vuote dopo la morte dei proprietari, senza eredi disposti a gestirle. Parliamo di 6,3 milioni di seconde case inutilizzate, un tesoro immobiliare che potrebbe alleggerire la pressione sulle città.

Perché queste case restano vuote? A volte è paura di affittare, altre volte mancanza di risorse per ristrutturarle. Ma è anche un problema culturale: molti preferiscono lasciare un immobile chiuso piuttosto che “svenderlo” o affidarlo a sconosciuti. Eppure, queste case potrebbero essere una soluzione, se solo ci fossero incentivi per rimetterle sul mercato, magari con bonus fiscali o piattaforme che semplifichino la gestione.


Come uscirne? Non basta limitare gli affitti brevi

Se vogliamo davvero affrontare il problema degli affitti, dobbiamo smettere di cercare capri espiatori e guardare la realtà per com’è. Il primo nodo da sciogliere è quello dei salari. Finché un giovane guadagna 1.000 euro al mese, non potrà permettersi un affitto a Milano o Roma, con o senza Airbnb. Servono politiche che spingano le aziende a pagare di più e che riducano il cuneo fiscale, lasciando più soldi in tasca ai lavoratori.

Poi c’è il mercato immobiliare. Gli affitti a lungo termine devono diventare più appetibili per i proprietari. Come? Con tutele contro la morosità, meno burocrazia e magari una tassazione più leggera per chi affitta a prezzi calmierati. E non dimentichiamo le case sfitte: servono incentivi per ristrutturarle e rimetterle in circolo, magari destinandole a studenti o giovani coppie.

Infine, il turismo. È una risorsa, non un nemico. Gli affitti brevi sostengono intere filiere, dalla ristorazione ai negozi di quartiere. Piuttosto che soffocarli con normative punitive, sarebbe più utile trovare un equilibrio, ad esempio limitando il numero di giorni di affitto breve all’anno o incentivando i proprietari a offrire contratti misti, brevi e lunghi.


Fonti

ISTAT – Istituto Nazionale di Statistica

Aigab – Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi

Comune di Milano

Immobiliare.it

Ance – Associazione Nazionale Costruttori Edili

Gazzetta Ufficiale

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